VENERI D'ORIENTE - Gruppo Spettacoli e Animazione Orientale - Lezioni di danza del ventre.
Cenni storici
Secondo gli studiosi di antropologia la nascita della danza del ventre
risale addirittura al neolitico ed è considerata come la più antica al
mondo in quanto “Madre di tutte le danze”. Sarebbe nata come
danza sacra legata ai culti religiosi della Madre Terra quindi come
rito propiziatorio della fertilità, per chiedere dei raccolti abbondanti
ed inoltre per preparare le donne al parto. Il ventre rappresenta
infatti nella mia visione, come in quella dell’antichità: il contenitore
di nuova vita, fertilità, passione, amore, ambiente in cui la vita si ricrea, perciò in contatto col Divino, è così che la danza diventa sacra e permette alla danzatrice di superare la condizione umana e attraverso gesti precisi e codificati, di identificarsi con la Divinità, di aprirsi una strada verso l’infinito e favorire il raggiungimento di un nuovo stato di coscienza, e in ultimo dell’instaurarsi di una più completa armonia tra corpo e mente.
Già 1000 anni prima di Cristo le mogli e le concubine dei Sultani, nei paesi arabi, rinchiuse nell’Harem danzavano fra loro creando un linguaggio simbolico di comunicazione donna-donna, in quanto quello era per loro l’unico modo per raccontarsi la vita, le emozioni e le speranze di libertà, quindi non si esibivano davanti agli uomini per compiacerli ma fra di loro, per ritrovare un’energia sottile, prettamente femminile che usavano per aprirsi un varco verso l’alto. Per questo viene anche detta "la danza delle donne per le donne".
Molti si chiedono come abbia fatto questa danza a sopravvivere in tutti questi anni di storia alle numerose soppressioni delle varie religioni che la relegavano fuori dai margini della decenza e la risposta è: grazie al popolo zingaro. Le popolazioni Rom infatti dall’India si spostarono via terra verso l’Europa, fino alle rive del mediterraneo e da lì si diramarono verso il medio oriente, il nord africa, l’Europa mediterranea e dell’est. Nel corso di questi spostamenti questa danza subì l’influenza delle diverse culture incontrate sulla sua strada contaminandole a sua volta, fino a ciò che conosciamo oggi come danza del ventre che, è in particolare, quella mantenuta viva nei paesi arabi.
I primi contatti diretti con la cultura occidentale avvennero grazie allo sbarco di Napoleone con le sue truppe in Egitto alla fine del ‘700. Al Cairo i suoi soldati ebbero modo di assistere alla danza del ventre delle Gawazee, danzatrici zingare che si esibivano in accampamenti lungo le rive del Nilo e ne rimasero stregati. Ma esse vennero accusate di creare scompiglio fra le truppe e subirono una vera e propria persecuzione, cosicchè le donne furono costrette a rinchiudersi negli Harem e a ballare solo fra di loro. Oltre alle Gawazee esistevano però altri gruppi di danzatrici, chiamate Almeeh, queste erano artiste di professione ed appartenevano ad un ceto medio alto, non erano zingare come le prime e non ballavano mai per gli uomini o nelle piazze e per questo erano molto più rispettate. Questa distinzione ha portato a creare due stili diversi di danza, le Gawazee ballavano uno stile popolare, folkloristico, detto Baladi, mentre le Almeeh ballavano uno stile più raffinato ed elegante che ha le sue radici anche nella danza classica ed è chiamato Raqs Sharqi (letteralmente danza orientale).
La danza del ventre subì quindi nelle varie epoche storiche una serie di repressioni e vicissitudini finchè viaggiatori intellettuali, artisti, esploratori e scienziati non furono sempre più benevoli verso questa danza tanto da preferirla ai migliori balletti europei.
Alla metà del diciannovesimo secolo questa danza arrivò anche in America grazie alle “Grandi esposizioni” fiere itineranti in cui si esibivano danzatrici mediorientali di fronte ad un vasto pubblico che ne rimaneva incantato. Anche le donne ne rimasero affascinate e la loro voglia di danzare, sommata al bisogno di libertà dai rigidi corsetti che erano costrette ad indossare le portò ad avvicinarsi anch’esse a questa antica ma nuova danza.
Verso la fine degli anni ’60 una danzatrice, Jamila Salimpour, catalogò i movimenti normalmente utilizzati nella danza orientale dando ad ognuno un nome ed una descrizione della modalità di esecuzione, dando così un nuovo impulso a questa danza che poteva essere comparata ad altre forme d’arte, come ad esempio la danza classica. Negli anni ’70 Jamila fondò il gruppo Bal Anat in California, proponendo una danza con costumi, accessori e musiche dallo stile tribale che ricordava le zingare egiziane Ghawazee, allontanandosi dallo stile cabaret.
Negli anni ’80 Caroleena Nericcio, allieva di
Masha Archer (a sua volta allieva di Jamila), sulla
base dei suoi studi di danza orientale diede vita ad
un nuovo stile di danza, l’American Tribal Style®
(ATS®). I costumi, così come i passi (arricchiti da
elementi presi dal flamenco e dalla danza indiana)
provengono da Jamila, ma la vera innovazione è
l’improvvisazione guidata di gruppo: non esistono
coreografie, ma solo sequenze di passi che vengono
di volta in volta montati insieme dal gruppo di danzatrici, che comunicano fra di loro tramite movimenti “chiave” (cue, di solito movimenti ben precisi delle braccia o della testa).
Ne risulta uno stile molto coinvolgente, sia per il pubblico sia ed ancora di più per le danzatrici, che riscoprono così quel dialogo tra donne che caratterizzava le forme più antiche di questa danza.
Dall’ATS®e dalla tecnica Fusion (un innovativo metodo di studio del movimento creato da Suhaila Salimpour – figlia di Jamila - che ha alla base la consapevolezza muscolare), grazie al lavoro di danzatrici come Rachel Brice, Jill Parker, Heather Stants, Mardi Love e molte altre, nasce la Tribal Fusion, che fonde nella danza orientale elementi provenienti da diverse altre danze e discipline, in una continua ricerca ed evoluzione.
La Tribal Fusion apre ad una nuova visione della danza, libera
dai vincoli delle stilizzazioni comunemente conosciute,
continuamente aperta alla sperimentazione e alla ricerca di
nuove contaminazioni che possano offrire una più libera
espressività, ma che alla base ha comunque la matrice
serpentina e femminile della danza orientale.
Non vi è alcun limite, né nella ricerca del movimento, né
nell’espressione artistica, né nella scelta dei costumi o delle
musiche: ne risulta uno stile unico e profondamente connesso
al sentire di ogni danzatrice.
La danza è una disciplina completa che coinvolge interamente il corpo.
Traendo le proprie radici dalle antiche forme di devozione legate alla natura, i movimenti studiati si collegano a simboli come l’otto, il cerchio e la spirale, o ad animali ed elementi naturali come il serpente, la luna, il sole, l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra, possono essere forti ed energici così come lenti e fluidi.
Ne risulta un lavoro sul corpo che mira ad aumentare il controllo muscolare, la flessibilità, l’equilibrio, l’elasticità e la tonicità, corregge il respiro e la postura, scioglie le rigidità, dona armonia, leggerezza, grazia ed eleganza, e riflette questi benefici anche sulle emozioni, sulla mente e sull’anima, guarendo le insicurezze, migliorando la memoria, la concentrazione, l’autostima ed il proprio rapporto con sé stesse, donando consapevolezza, femminilità e benessere.
La danza orientale è consigliata a tutte le donne perché offre la possibilità di riconnettersi con il proprio centro sacro di energia femminile, a volte inascoltato o soffocato da una vita sempre più frenetica, dagli innumerevoli impegni e ruoli che la vita moderna impone ad ogni donna e che spesso la allontanano proprio da sé stesse.
JAMILA SALIMPOUR
GHAWAZEE
CAROLEENA NERICCIO
SUHAILA SALIMPOUR
RACHEL BRICE